Testimonianza di volontariato Canovalandia Onlus

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Testimonianza di volontariato Canovalandia Onlus

Cara Roberta,

dopo alcuni mesi di frequentazione del Centro di Accoglienza di Colle Oppio, come da Te richiesto, volevo aggiornare Canovalandia ONLUS in merito all’andamento di questa mia attività.
Ho iniziato grazie (ancora) a Te ad andare al centro di accoglienza dallo scorso mese di marzo una volta alla settimana e, in alcuni periodi in cui si è reso necessario coprire alcuni turni vacanti, anche due (su tre giorni totali in cui è offerto il servizio).

Le attività iniziano molto presto (dalle 6.30) ed io normalmente raggiungo il centro con i mezzi pubblici per questioni di parcheggio. Dunque la prima difficoltà è la sveglia molto presto al mattino!

L’avvio delle attività è sempre il più duro, non solo a causa dell’impatto con i primi assistiti che attendono l’ingresso dopo una nottata o più in condizioni disagiate (anche da un punto di vista igienico), ma anche per la mole di persone in fila ancora da assistere e la conseguente gran quantità di lavoro ancora da svolgere.

Con il passare delle ore, ci si abitua lentamente al contatto con persone alle quali l’emarginazione sociale ha segnato la vita cosí tanto da mostrarne segni evidenti sia nell’aspetto esteriore che nelle modalità di interazione con gli altri.

Resta invece per me sempre difficoltoso, anche se in minor misura rispetto ai primi tempi, lo svolgimento delle attività di assistenza nella fornitura dei vestiari di ricambio. Sono forse centinaia i capi di abbigliamento che, in pochissimo tempo, bisogna saper selezionare e assegnare agli astanti.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare (o per lo meno quanto ritenevo io prima di iniziare questa esperienza), i criteri di scelta da parte dei bisognosi non sono solo legati alla stretta necessità e, quindi, alla tipologia di capo e alla taglia etc. Vengono infatti molto spesso formulate specifiche richieste quanto a colori, modelli, accessori etc e, non di rado, alcuni indumenti non corrispondenti alle richieste sono rifiutati. Ciò potrebbe apparentemente sembrare una contraddizione (o, peggio, una manifestazione di arroganza). In realtà, dal mio punto di vista, non lo è affatto perchè queste persone – nonostante tutto – sentono ancora forte il senso del decoro e della dignità che li spinge a chiedere non tanto abiti per “coprirsi” quanto piuttosto per tentare di “riavvicinarsi”, anche solo per poche ore, all’ambiente circostante da cui sono emarginati.

Sono questi i momenti più duri da un punto di vista organizzativo ma anche quelli che mi fanno maggiormente capire l’importanza di questa iniziativa.

Le attività proseguono poi con la somministrazione della colazione e, dopo l’esaurimento dei servizi ai bisognosi, con la riorganizzazione dell’area (indumenti, cibo per colazione etc) per le attività del giorno seguente.

È quasi ora di pranzo quando saluto Suor Maria Carla e gli altri volontari alla volta di casa, ormai priva di energie per qualsiasi altra attività della giornata.

Devo confessare che nei primi giorni di frequentazione del centro ho spesso pensato che era per me impossibile continuare, che non potevo farcela e rinunciare era l’unica cosa saggia da fare. Però continuavo ad andare. A casa pensavo a come poter migliorare il servizio, ad ottimizzare il tempo loro dedicato, alle parole di Suor Maria Carla che ogni giorno mi ricordava l’importanza del mio lavoro per il centro e lei stessa. Anche alzarsi molto presto la mattina e spostarsi con i mezzi pubblici e a piedi per arrivare a Colle Oppio mi sembrava una impresa impossibile da far durare.

Poi un giorno mi è capitato di percepire la gratitudine delle persone trattate e di ricordare il nome di alcuni di loro, che a loro volta ricordavano il mio. Ho capito così che questa attività, che il giorno prima stavo pensando di lasciare, mi aveva coinvolto veramente.

Le persone con le quali collaboravo sono diventate, col passare dei giorni, quasi la mia famiglia per quella giornata trascorsa lì e con loro cercavo di dare il meglio di me. Ho iniziato ad anticipare il mio arrivo e, una volta a Colle Oppio (dopo una ora circa di tragitto con i mezzi pubblici…), vedere una fila lunghissima di persone in attesa di essere chiamati non mi spaventava più; anzi cercavo di vedere se fossero presenti tutti e soprattutto quelli che la settimana precedente mi erano sembrati più fragili.

In tutta onestà, prima di iniziare questa “avventura” non mi sarei mai aspettata di sentirmi così coinvolta come mi rendo invece conto di esserlo ora. Ciò in quanto, negli ultimi 30 anni, mi sono sempre occupata, come medico ospedaliero, di pazienti con patologie gravi, anche infettive (Epatite B e C, HIV), e sono quindi abituata ad affrontare situazioni che coinvolgono persone in estrema difficoltà e dolore (non solo fisico).

Quello che però non avevo ancora del tutto realizzato è il segno che lascia il disagio dell’emarginazione sociale in una società frenetica come quella in cui viviamo e, conseguentemente, l’importanza di dedicare parte del proprio tempo in gesti di solidarietà verso chi ne ha veramente bisogno.

Vorrei quindi ringraziare Te, Stefano e tutti gli altri amici del Canovalandia Onlus che, assieme a mio figlio, mi avete incoraggiato ad intraprendere questa importante iniziativa promossa dall’associazione.

Cari saluti e a presto.
Paciucci Brunetti